Dal sagrato dell’imponente chiesa settecentesca di Santa Maria Assunta, si gode di un ampio panorama sulle colline monferrine.
Sorge su un colle delimitato dall'omonimo torrente che attraversa il territorio di diversi paesi fino alla confluenza nel Po presso Valenza. Le carte dell'archivio capitolare di Asti attestano la presenza di una pieve di Santa Maria in alcune permute di beni del X secolo. Dopo il Mille la pieve, che si trovava all'interno dell'abitato fortificato di Grana, è confermata dall'Imperatore Enrico III alla chiesa di Asti, con un vasto territorio confinante con quelle di Rosignano e di Mediliano di Lu. Rimasta sotto la giurisdizione astigiana fino al 1817, fu poi inserita nella diocesi di Casale. Distrutto il castello, sorsero abitazioni sugli spalti e all'interno del concentrico ancora circondato di mura. Inclusa nel marchesato aleramico, i cui confini erano segnati dal torrente Versa, ebbe nel 1379 la conferma dei suoi privilegi, riconosciuti dal marchese Giovanni III Paleologo. Tra i numerosi passaggi feudali, si ricordano quelli del marchese Lantelmo di Occimiano, poi delle famiglia Bobba e Gambera, fino all'investitura nel 1591 di Agnese Argotta, favorita del duca Vincenzo I e sposa di Prospero Del Carretto; quindi per successione ai D'Arenberg, infine ai Messier e ai Grosso.
La chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta. In posizione dominante sull'abitato, fu costruita (su un precedente edificio, di cui si conservano alcune lapidi) nella seconda metà del Settecento su progetto dell'arch. astigiano Gaspare Pasta, autore del disegno della balaustra marmorea del presbiterio. La chiesa, di forme barocche, fu consacrata dal mons. Alciati nel 1818, dopo il passaggio alla diocesi casalese. Ha tre navate e conserva all'interno molte opere del Moncalvo e di Carlo Gorzio. Oltre all'antico coro in noce intarsiato, alla cantoria e al grandioso organo a canne di Giacinto Bruna, è di grande interesse il Museo di arte sacra presso la parrocchiale, con dipinti di Giovanni Crosio, Giorgio Alberini, del Moncalvo e della sua scuola, alcuni provenienti da altre chiese.
Chiesa dell'Annunziata. A ridosso della parrocchia, la chiesa era sede della confraternita dei Disciplinanti e poi della compagnia della Beata Vergine del Rosario. Fu costruita all'inizio del Seicento, poi sottoposta a numerosi interventi di rifacimento e restauro nei secoli successivi. All’interno si possono ammirare una tela del Moncalvo, un crocifisso e una statua lignea della Madonna. Altre opere sono state trasferite nel Museo parrocchiale.
Personaggi. Agnese Argotta (de Argote), nata a Cordoba nel 1570 da Fernando, conte di Cabrilana del Monte e di Giulia Dentice, sposò nel 1588 a Mantova Prospero Del Carretto, conte di Millesimo, ambasciatore dei Gonzaga a Praga, scomparso nel 1591. Amante di Vincenzo I Gonzaga, da cui ebbe tre figli illegittimi, Agnese era nota a corte come “Donna Ines” e una delle cento dame di Casale cantate da Orazio Navazzotti. Il duca l'aveva conosciuta nel 1584 presso la marchesa di Colorno, Barbara Sanseverino, di cui era dama di compagnia. Stabilitasi a Mantova a Palazzo Te, nel 1587 ebbe da Vincenzo il feudo di Grana, appartenuto alla famiglia Bobba di Lu, elevato in marchesato. Agnese ebbe grande interesse per le arti, in particolare per la musica, a lei il celebre compositore Giaches de Wert dedicò nel 1591 un volume di madrigali. Coinvolta nella “Congiura dei Feudatari” contro i Farnese, fu processata e condannata a morte per decapitazione a Mantova nel 1612 con altri congiurati, tra cui l'amica Barbara Sanseverino. Firmino Rota, detto “Nick” (La Spezia 1924 - Grana 2002), figlio di Alfonso, originario di Borgo San Martino, fratello di Dea Rota Melotti, comandante del distaccamento di Grana, protagonista di imprese e missioni rischiose. Ernesto Giardino (Montemagno 1866 - Grana 1943), fratello del maresciallo d'Italia Gaetano (sepolto coi suoi soldati nel Sacrario del Grappa), combattè ad Adua e poi nella prima guerra mondiale, più volte decorato. Nominato generale di Divisione, soggiornava spesso a Grana nella casa vicino al Municipio, riconoscibile per l’epigrafe in facciata posta a ricordo dai fratelli Besso, mezzadri della famiglia Giardino. Fu sepolto, per suo espresso desiderio, all’alba, nella tomba Garrone-Giardino del piccolo cimitero comunale.
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